La nostra scelta più importante è il modo in cui decidiamo di vivere la nostra vita. La felicità è amore, nient’altro.

Katia Botta

venerdì 3 novembre 2017

La carezza come il contatto è sensibilità ma trascende il sensibile

“La carezza consiste nell’impadronirsi di niente. La carezza trascende il sensibile. Consiste nel non impadronirsi di niente, nel sollecitare ciò che sfugge e ciò che si sottrae come se non fosse ancora. In un certo senso esprime l’amore, ma soffre per un’incapacità di dirlo”.

La carezza, una dimensione dell’assenza 
"La carezza come il contatto è sensibilità. Ma la carezza trascende il sensibile. Questo non significa che essa senta al di là del sentito, più profondamente dei sensi, non significa che essa si impadronisca di un ciclo sublime, pur conservandolo, nella sua relazione con questo sentito ultimo, un’intenzione di fame che si dirige sul cibo che si promette e si dà a questa fame, la scava, come se la carezza si nutrisse della propria fame.
La carezza consiste nel non impadronirsi di niente, nel sollecitare ciò che sfugge continuamente dalla sua forma verso un avvenire mai abbastanza avvenire nel sollecitare ciò che si sottrae come se ‹non fosse ancora›. Essa ‹cerca›, fruga. Non è un’intenzionalità di svelamento, ma di ricerca: cammino nell’invisibile. In un certo senso ‹esprime› l’amore ma soffre per un’incapacità di dirlo. Ha fame di questa espressione stessa, in un continuo incremento di fame. Va dunque al di là del suo termine, è tesa al di là di un ente, anche futuro, che, appunto in quanto ‹ente›, bussa già alla porta dell’essere. Nella sua soddisfazione, il desiderio che l’anima rinasce, alimentato in qualche modo da ciò che ‹non è ancora›, e ci riporta alla verginità, eternamente inviolata, del femminile. Questo non significa che la carezza cerchi di dominare una libertà ostile, di farne il suo oggetto o di strapparle un consenso. La carezza cerca al di là del consenso o della resistenza di una libertà ‹ciò che non è ancora›, qualcosa che è «men che nulla» che sta come rinchiuso e sopito al di là dell’‹avvenire› e, quindi, sopito in modo completamente diverso dal ‹possibile› che si offrirebbe all’anticipazione. La profanazione che si insinua nella carezza risponde in modo adeguato all’originalità di questa dimensione dell’assenza. Assenza diversa dal vuoto di un niente astratto: assenza che si riferisce all’essere, ma vi si riferisce a modo suo, come se le «assenze» dell’avvenire non fossero avvenire, tutte allo stesso livello e uniformemente.”

Emmanuel Lévinas (1906 – 1995),Totalità e infinito. Saggio sull'esteriorità-Di Emmanuel Lévinas - Ed. Jaca Book, Milano 2006 

Immagine:La dolce carezza- acquerello by Mimmo De Pinto


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