La nostra scelta più importante è il modo in cui decidiamo di vivere la nostra vita. La felicità è amore, nient’altro.

Katia Botta

venerdì 22 luglio 2016

Il vuoto serve a ricordarti che non sei tu il protagonista

“Va col vuoto tra le mani, prima devi avere conosciuto il sapore del vuoto, poiché questo è tutto”

«Ci sono due tipi di vuoto. Il vuoto che cerco io è fatto di buio, di nulla, è una dimensione dove non ci sono pensieri. Se, per esempio, mi trovo a dover prendere una decisione, chiudo gli occhi e cerco il vuoto. (…) Poi c’è il vuoto che viene da sé, spontaneamente: e questa è un’ottima cosa! Per esempio quello dei bambini che si distraggono molto, che si incantano; oppure quello dal quale, silenziosamente, senza chiedere il tuo parere, senza pensieri, si forma incessantemente la persona che sei. Una sorgente sconosciuta che sta realizzando te, sta facendo il tuo essere come va fatto, e per la quale la tua opinione conta meno di niente. (…) Ecco a cosa serve il vuoto: a ricordarti che non sei tu il protagonista, che c’è qualcosa che ti sta creando e sa cosa fare, quando piangere, quando ridere, quando fare l’amore, quando irritarsi…E’ chiaro che non ha modelli, segue un suo stile, cos’altro dovrebbe fare? Mentre tu insisti a mettere paletti: vado bene, non vado bene, sono giusto, sono sbagliato, ieri ho fatto così, dovevo fare diversamente, e poi ho avuto un’infanzia difficile, mi maltrattavano…Ma così chiedi al tuo artefice di rispettare una serie di codici che non sono i suoi: sarebbe invece un’ottima cosa lasciar perdere tutto e affidarsi totalmente al vuoto. (…)Quanto più vuoto realizziamo in noi, tanto più sapere innato attingiamo. 
L’operazione da fare quando stiamo male è molto semplice: basta ricordarsi che c’è un luogo segreto dentro di noi, il nostro spazio vuoto. In quel silenzio invisibile che ci abita, là dove non ci conosciamo, c’è la nostra essenza e assieme la guarigione da ogni disagio. Perché siamo, principalmente, proprio ciò che non vediamo di noi stessi. In quel silenzio rarefatto e invisibile che abita ognuno di noi c’è la prevenzione, la cura, la soluzione dei nostri disagi. (…) Nascondersi è annullarsi, prendere le distanze dal conosciuto, disidentificarsi. Nascondersi è curarsi, rigenerarsi, lasciar fare al Sé. Non c’è seme nell’universo che non si occulti per creare la vita di una pianta, di un animale, di un uomo. Nascondersi è la ricetta di tutte le ricette. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi problema ti affligga, tu nasconditi…e rifugiati nel vuoto. (…) Dio si occulta e, quando noi immaginiamo uno spazio vuoto, misterioso e nascosto, le forze cosmiche sono più che mai al nostro fianco. (…)
Ogni tanto faremmo bene a chiederci “Quanto «vuoto» c’è stato nella mia giornata?” (…). I miei pazienti sono sulla strada giusta quando non cercano di risolvere quelli che chiamano “i loro problemi”.
“Non devo salvare il mio matrimonio” oppure “non devo cambiare vita” sono alcune delle frasi che permettono all’anima di compiere i suoi prodigi, di produrre i suoi effetti terapeutici. Il vuoto ha più poteri di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi farmaco, di ogni sforzo di volontà.  
(La dottrina Zen del Vuoto Mentale - di D.T.Suzuki)

Svuota il secchio
«Va col vuoto tra le mani, poiché questo è tutto. Questo è il mio dono. Se riesci a portare il vuoto tra le tue mani, allora ogni cosa diventa possibile. Non portarti dietro i tuoi pensieri, la tua conoscenza, non portarti dietro niente di ciò che riempie il secchio, e che non è altro che acqua, perché altrimenti guarderai sempre e solo il riflesso, e nient’altro. Nella ricchezza, nei beni materiali, nella casa, nell’automobile, nel prestigio, tu non vedrai che il riflesso della luna piena nell’acqua del secchio, mentre la luna vera è li, in alto, che ti aspetta da sempre. Lascia cadere il secchio, cosi che l’acqua sfugga via, e con essa la luna. Solo questo ti permetterà di alzare lo sguardo e vedere la vera luna nel cielo; ma prima devi avere conosciuto il sapore del vuoto, devi lasciar cadere il secchio della tua mente, dei tuoi pensieri: non più acqua, né luna. Il vuoto nelle mani» (Osho, Dieci Storie Zen)






Grazie per aver dedicato il tuo tempo a questa lettura.
Buona Vita! Katia Botta

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La proporzione dell’Amore di Maria Maddalena


Oggi 22 luglio per la prima volta, si celebra la festa di Santa Maria Maddalena, per volere di Papa Francesco: “Per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata”
“Io non posseggo nulla,
sono lo spirito del viaggio, l’anima di ogni ricerca.
Non c’è nulla di velato che non debba essere svelato,
niente di nascosto che non debba essere riconosciuto.
Sono la sorgente, il profumo, l’intelletto d’amore.”
Apostola Apostolorum 

Si dice che chi ama cerca. Ma anche chi cerca ama. E in questa ricerca si trova in proporzione all’amore che si ha, e al sacrificio che si è disposti ad affrontare per perseverare in questa ricerca. E questo perseverare onesto e fiducioso nella ricerca di Dio è già in un certo senso averlo trovato. “Non mi cercheresti se non mi avessi già trovato” (Sant’Agostino). E in questa ricerca non è escluso che possiamo rimanere soli, o peggio ancora, possiamo essere insieme ad altri che ostacolano, con parole e opere, la nostra ricerca di fede. Maria di Magdala non si è scoraggiata quando Gesù fu condannato e abbandonato dai suoi stessi discepoli, quando lo vide morire in croce tra il sarcasmo e lo scetticismo generale. Attorno a sé percepiva molto odio, ma il suo amore è stato più forte, tanta indifferenza e ostilità ma non da farla arrendere in questo suo proposito di seguire Gesù, di dirgli il proprio grazie anche compiendo quell’ultimo atto di amore. Fino a quel mattino benedetto quando si sentì chiamare “Maria” da Gesù stesso, non più il morto che lei cercava ma il Risorto da morte.
Sant’Agostino scrisse che quando Pietro e Giovanni se ne tornarono a casa dopo la visita al sepolcro vuoto, Maria rimase là perché non voleva arrendersi di aver perso il suo Rabbunì, il suo “Maestro buono”, voleva cercare ancora, scoprire dove era stato posto, perché aveva un “amore più forte” degli altri discepoli (Omelia 121,1). Tanto che Gesù stesso la premiò non solo facendola la prima testimone della Risurrezione ma anche inviandola ad annunciare agli altri quello che aveva visto, rendendola cioè “Apostola degli Apostoli”

Nel corso dei secoli il ruolo di Maddalena è stato interpretato in modi diversi, spesso riflettendo l’atteggiamento della Chiesa verso le donne. Di lei la Chiesa costruì un’immagine che non corrispondeva affatto al personaggio di cui si parla nei Vangeli; fece di lei una prostituta pentita, sminuendo, così, la sua importanza.
Fino a poco tempo fa il suo ruolo è stato considerato marginale nella storia di Gesù e dei suoi discepoli. Solo negli ultimi vent’anni la sua figura è stata vista dagli studiosi sotto una luce molto diversa ed, al giorno d’oggi ha l’importanza che merita.
In realtà lei è la sola donna, eccettuata la Vergine Maria, menzionata con il suo nome in tutti i Vangeli. La prima volta compare durante la predicazione di Gesù in Galilea e fa parte di un gruppo di donne che lo seguivano.
E’ colei da cui sono stati scacciati sette demoni, ma è anche colei che lava i piedi di Gesu’ con le lacrime e li asciuga con i i suoi capelli. Il suo ruolo assume un nuovo significato, molto più profondo, con la sua presenza ai piedi della croce e quando diventa la prima testimone della Resurrezione

La dimensione dell’Amore di Maria Maddalena per Gesu’ è di una profondita’ e autenticita’ assoluta, che apre lo spazio al sacro, la perfetta autenticità ed integrità dei suoi gesti, viene messa a confronto con il manierismo degli altri discepoli. È grazie a questa sua autenticità che Gesù affida alla Maddalena il suo messaggio più importante, la buona novella, ed è ancora in virtù di questa autenticità che Maria Maddalena può essere il canale che connette la terra e il cielo, il divino e il corporeo e apre la dimensione del sacro, della parola che trasforma, del rito, della guarigione. Maddalena fu la prima a ricevere tra i discepoli un incarico apostolico direttamente da Gesù: portare la notizia della sua Resurrezione agli apostoli.  
Il primo miracolo di Maria Maddalena
Narra una leggenda che Maria di Magdala, forte del privilegio di essere stata testimone della morte e della Risurrezione di Gesù, chiese e ottenne un invito ad un banchetto dato dall’imperatore Tiberio. Quando lo incontrò, teneva un uovo nelle sue mani ed esclamò forte “Cristo è risorto”. Tiberio rise, e disse che la resurrezione dalla morte di Gesù Cristo era probabile quanto l’uovo nella sua mano diventasse rosso mentre lo teneva. Prima che finisse di parlare, l’uovo diventò rosso... e così lei continuò a proclamare il Vangelo senza essere ostacolata. Ecco la spiegazione della tradizione delle uova dipinte (ma non quelle di cioccolato!): risalirebbe proprio a Maria di Magdala.


Maria Maddalena ci insegna come amare
Maria di Magdala, da grande peccatrice quale era, ama follemente il Signore fino a vegliare sul sepolcro senza la salma del suo amato. Ed è talmente innamorata che risponde agli angeli a lei apparsi come se fosse un evento normale: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto».
Maria è davvero una grande testimone di come si dovrebbe amare. Infatti Gesù è apparso per primo a lei, per indicarci che a Lui interessa il nostro amore, più che i nostri peccati.
Tutti dovremmo fare come lei per dimostrare a Gesù quanto l’amiamo, nonostante la nostra vita piena di fragilità ed errori.
L’amore per il Signore vince ogni forma di peccato: “Le sono stati perdonati i suoi numerosi peccati, perché ha amato molto”……
 
Le qualita’ di Maria Maddalena
Accompagnare il dolore senza protesta, senza lamento e il silenzio. La Maddalena ci insegna che un gesto compiuto in silenzio è potentissimo.



«Maria Maddalena ha vissuto un’esperienza di salvezza profonda per opera di Gesù: quando si sente chiamata per nome in lei si accende il ricordo dell’intera storia vissuta con Lui: c’è tutto questo nell’iconografia della scena che chiamiamo “Noli me tangere”». 



Immagini:
1 Maria Maddalena Botticelli
2 Noli me tangere Alexander Ivanov 1834-1836
Fonti: